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ordine famiglia genere sottogenere specie sottospecie
Rhamnales Ampelidacee
o Vitacee
Vitis
e altri 50 circa
Euvitis
e
Muscadiniae
Vitis Vinifera,
Vitis Labrusca,
Vitis Riparia,
Vitis Berlandieri,
Vitis Rupestris
Sativa
e
Silvestris

      La vite è una pianta rampicante della famiglia delle ampelidacee o vitacee che a sua volta appartiene dell'ordine dei rhamnales.
      Il genere Vitis delle ampelidacee è quello che interessa dal punto di vista della viticoltura, poiché la legge impone che sia la specie Vitis Vinifera il solo ceppo utilizzabile per la produzione di vino.
       Le due sottospecie di Vitis Vinifera sono:
  • Vitis Sativa, quella coltivata e utilizzata per vinificare
  • Vitis Silvestris, quella selvatica, dei boschi
      La pianta della vite è strutturata in due parti:
  • apparato epigeo, che costuisce la vegetazione visibile al di sopra del terreno e presenta questi elementi
    • foglie, che possono assumere varie forme ed assorbono acqua e sali minerali, ma soprattutto svolgono la funzione di fotosintesi clorofilliana;
    • tralci, che sostengono i capi a frutto
    • fusto o ceppo, è il tronco della vite con funzioni di sostegno
  • apparato ipogeo, che è in sostanza l'apparato radicale il quale ha funzioni di ancoraggio al terreno ed assorbimento di acqua e sali minerali

acino
il grappolo

  • il raspo o rachide o graspo, che è la ramificazione centrale tramite la quale è appeso al ramo principale;
  • le foglie
  • i pampini, che uniscono la foglia al graspo
  • il grappolo, l'infruttescenza, a sua volta costituito di acini (detti anche bacche) di forma ovale, rotonda o a corno
l'acino
  • la parete esterna dell'acino si chiama pericarpo (buccia) e contiene principalmente polifenoli (tannini e coloranti) e sostanze aromatiche (terpèni); è ricoperto da una sostanza cerosa, la pruìna, che contiene alcuni lieviti detti starter utili alla fermentazione;
  • la zona intermedia è invece il mesocarpo (polpa) costituita da acqua zuccheri e acidi distribuiti in maniera non omogenea;
  • il nucleo si chiama endocarpo e contiene i vinaccioli (semi) carichi di olio e tannini
foglia
la foglia

Svolge la funzione di respirazione e assorbimento di sostanze (acqua,sali); i vini sanno quindi delle sostanze del luogo
(es: vicino al mare sono sapidi). Altra importante funzione è la fotosintesi clorofilliana, il processo di conversione dell'energia solare in energia chimica, con trasformazione di acqua e CO2 in ossigeno e carboidrati.

La pianta della vite ha due cicli biologici.

Il ciclo vitale riguarda le varie età della pianta:
  • giovane, fase di improduttività dal 1° al 3° anno
  • adulta, fase di normalità produttiva distinta in
    • crescente, dal 4° al 5° anno
    • costante, dal 6° al 20-25° anno
  • vecchia, oltre i 30 anni (anche se in realtà le viti con piede-franco possono risultare costanti addirittura fino ai 100 anni)
Il ciclo annuale di una vite è rappresentato dalle fasi che si succedono ogni anno e si divide in tre sottocicli (fasi fenologiche):
  • Attività radicale
    • pianto, durante il periodo di dormienza la linfa vitale va dalle radici alle foglie. Dai tralci escono gocce di linfa (pianto della vite).
  • Vegetativo
    • germogliamento, in aprile
    • accrescimento dei germogli , sviluppo dei rami normali e di quelli anticipati (femminelle), va da aprile ad agosto
    • agostamento, da agosto a novembre, maturazione del germoglio che da verde diventa marrone
    • riposo, dalla defogliazione di dicembre fino al germogliamento di aprile
  • Riproduttivo
    • comparsa grappolini, con sviluppo e formazione dei fiori
    • fioritura, nella prima metà di giugno apertura dei fiori (antési) e fecondazione con il polline (unione)
    • allegagione verso la metà di giugno passaggio dal fiore al frutto
    • ingrossamento, fino alla metà di agosto (dipende dalle varietà) accrescimento degli acini
    • invaiatura verso la metà di agosto colorazione delle bacche (in questa fase si può procedere all'eliminazione dei grappoli in eccesso per prediligere la qualità rispetto alla quantità)
    • maturazione, crescita del rapporto zuccheri/acidi all'interno delle bacche fino a settembre-ottobre

      La vite è purtroppo soggetta ad alcune avversità che possono influire negativamente sulla produzione finale. Queste avversità si possono così classificare:
  • non parassitarie, sono il gelo invernale, le gelate primaverili, la grandine, la carenza e/o l'eccesso di minerali, siccità o eccesso idrico (asfissia radicale), erbicidi, ecc.;
  • parassitarie, con malattie provocate da
    • virus (arricciamento, accartocciamento fogliare, suberosi corticale, legno riccio)
    • funghi (peronospora, mal dell'esca, oidio)
    • animali (ragnetti, tignole, fillossera, nematodi)



l'ecosistema viticolo
e le regole per la qualità produttiva

      I fattori che influenzano la coltivazione di un vigneto sono certamente legati al territorio e al suo clima, ma è la mano dell'uomo che armonizza tutte le componenti.
      E' ciò che i Francesi chiamano terroir:


Schema di Fregoni 1985
  • il vitigno
    • scelta del vitigno
  • il terreno
    • esposizione al sole
    • profilo
    • suolo
    • suddivisione in zone (zonazione) secondo idoneità (montagna e collina sono migliori di pianura ed aree vicine ai corsi d'acqua)
  • il clima
    • vento
    • umidità
    • temperatura
  • l'uomo
    • potatura
    • concimi
    • sistemi di allevamento

      Le regole principali per una moderna viticoltura sono:
  • ELEVATA DENSITA' DI IMPIANTO
  • BASSA E CONCENTRATA FORMA DI ALLEVAMENTO
  • BASSO N° GEMME PER CEPPO
  • BASSO N° ACINI SUL GRAPPOLO
      Per un vino di qualità la scelta del vitigno è per forza legata al territorio nel quale si produrrà il vino stesso: i vini di maggior successo sono quelli prodotti con uve che si sono perfettamente integrate nell'ambiente pedoclimatico.
       La legislazione in materia impone infatti dei disciplinari dai quali non si può prescindere, perciò per produrre sotto una denominazione è obbligatorio impiantare i vitigni autorizzati e/o raccomandati nella misura ammessa dai regolamenti e soprattutto indirizzarsi verso le cultivar autoctone: la tendenza attuale è quella di far ricorso ai cosiddetti vitigni internazionali, spesso più facili da impiantare e più costanti nella produzione, ma i vitigni qualitativi italiani sono il vero punto di riferimento per una vitivinicoltura di qualità.
      La scelta dei cloni migliori dovrà portare a una produzione bassa, a grappoli più piccoli e compatti e ad una maggiore concentrazione di sostanze da estrarre durante la vinificazione.
      Intorno alla fine del 1800 la Vitis Labrusca giunta dall'America nascondeva un grave malanno per i vitigni: la fillossera, un parassita che attaccava le radici e lentamente distruggeva la specie europea.
Si verificò una catastrofe ambientale e morì la quasi totalità dei vigneti.
      I tentitativi di arginare il fenomeno si rivelarono un insuccesso dopo l'altro, finché si cominciò a reimpiantare i vitigni adottando la tecnica dell'innesto di marza autoctona europea (la marza è una porzione di tralcio) su portainnesti provenienti dall'America, perché la fillossera non sembra gradire le radici americane.
      Restano comunque alcuni pregiati vitigni autoctoni come il Nebbiolo e la Barbera che si sono salvati soprattutto in alta quota o vicino alle zone sabbiose dove non prolifera la fillossera. Attualmente l'unico paese al mondo "piede-franco", cioè totalmente autoctono, è il Cile.



innesto a spacco

innesto a gemma
      Per la propagazione delle barbatelle di vite si utilizza la tecnica dell'innesto. Gli elementi sono il portainnesto o piede, cioè la porzione della pianta provvista di apparato radicale, e poi la marza, una porzione di tralcio con una o più gemme, che si salda all'innesto.
I metodi di innesto più conosciuti sono due:
  • a doppio spacco inglese (ad omega), utilizzato nell'Italia del Centro/Nord; si esegue al tavolo;
  • alla maiorchina (a gemma) utilizzato soprattutto nell'Italia meridionale e insulare; si esegue direttamente in campo
      Per la scelta del vitigno occorre effettuare uno studio delle caratteristiche ambientali per individuare anche il portainnesto migliore, nel senso che dovrà resistere e adattarsi al meglio a quelle condizioni e non altre, come umidità, siccità, calore, freddo, vento, ecc.
Allo stesso tempo sarà molto importante la scelta della marza perché risulti fruttifera e sana.
Si definisce:
  • selezione clonale la generazione di un clone per via vegetativa,
  • selezione massale la creazione di una serie di esemplari dalle migliore piante di un vigneto,
  • selezione individuale la moltiplicazione dei migliori singoli vitigni.

immagine tratta dal sito CO.VITISÓ



situazione geografica-orografica
di Angelo Petracci

      La vite dà uve migliori in collina piuttosto che in pianura: l'inclinazione del suolo, detta giacitura, assicura un superiore drenaggio, un maggiore impatto dei raggi del sole e conseguentemente una maggiore attività vegetativa e una migliore maturazione dei frutti. Più si procede verso nord, più dovrà aumentare la pendenza.
      In pianura l'esposizione è minore in quanto ripartita su una superficie più estesa, sono più frequenti le gelate primaverili, assai pericolose in quanto la pianta comincia a germogliare.
      A parità di latitudine e di giacitura conta poi l'esposizione: i vigneti orientati a sud godono di una maggiore esposizione al sole e quindi tale condizione dovrà essere ricercata soprattutto nelle zone nordiche.
      Nella scelta della posizione del vigneto va poi tenuto conto del tipo di vitigno: tanto più il clima è freddo tanto più verranno scelte uve a maturazione precoce.
      Altro elemento che condiziona il clima locale è dato dalla presenza di montagne, foreste, fiumi e laghi che proteggono le vigne dai venti freddi, assicurano un serbatoio di umidità durante la stagione calda e svolgono una importante azione termoregolatrice.

      La vite si adatta a qualsiasi tipo di terreno ma lo stesso vitigno non dà uve uguali se coltivato in terreni dalle caratteristiche differenti.
      Il suolo è costituito da un sottile strato coltivabile influenzabile dalle culture dell'uomo, e da una parte sottostante le cui caratteristiche sono date dalla conformazione geologica originaria. E' qui che la pianta della vite affonda le sue radici principali e si influenza il carattere del vino.
      Le caratteristiche del sottosuolo sono importanti in primo luogo per il drenaggio che assicurano alla pianta e per i sali minerali in esso contenuti: il terreno ciottoloso-permeabile assicura drenaggio, quindi buona maturazione delle uve (vini ad alta gradazione, fini ed intensamente profumati). Inoltre i ciottoli, poco fertili, obbligano la pianta ad affondare nel sottosuolo le radici e quindi il vino sarà ricco di estratti minerali. Se i ciottoli sono di colore bianco riflettono sulla pianta i raggi solari, i ciottoli scuri accumulano invece il calore e lo rilasciano di notte permettendo un maturazione a temperature senza eccessivi sbalzi.
      Da non trascurare è il grado di acidità del terreno: in Europa i vini migliori provengono da terreni calcarei e alcalini mentre in California provengono da terreni neutri o acidi.
      E' importante anche il colore del suolo:
- suoli di colore scuro si riscaldano e favoriscono la maturazione del frutto; - quelli chiari sono più freddi, ritardano la maturazione e quindi favoriscono vini di maggiore acidità.

In sostanza la natura del terreno influisce sulle caratteristiche del vino:
  • i terreni sabbiosi daranno vini scarichi di colore e di estratto ma delicati e fini;
  • i terreni calcarei generano vini ricchi di alcol e profumi
  • i terreni ciottolosi danno vita a vini alcolici e di elevata qualità
  • i terreni un po' argillosi portano a vini longevi, ricchi di estratto e acidità


      Dopo la scelta del terreno e del vitigno in base al clima e all'orografia si esegue lo scasso del terreno: si tracciano quindi i filari, gli interfilari e le capezzagne (strade di accesso in terra battuta lungo le testate dei campi) e si sistemano i tutori e i fili di ferro su cui appoggerà la vite.
      In collina sono utilizzate le sistemazioni a girappoggio o traverso, cioé filari che sono paralleli alla cima e frenano il dilavamento; se la pendenza è considerevole (es: Cinque Terre, Valtellina) si può ricorrere ai terrazzamenti, in caso di pendenze meno forti (minori del 20%) si può scegliere la sistemazione a ritocchino che segue in modo perpendicolare la linea da monte a valle.

Sistemazione a girappoggio nelle Langhe (foto 2002C.Miele)

      Ognuna di queste sistemazioni tende ad evitare il dilavamento del terreno (cioé l'erosione da parte dello scorrimento delle acque) e a favorire la meccanizzazione delle potature e della raccolta.
Ma a tal fine, oltre alla sistemazione del vigneto i vignaioli adottano anche altri accorgimenti: la pratica dell'inerbimento consiste nel far crescere nella vigna erbe che impediscono il dilavamento del terreno e nei terreni umidi permettono l'utilizzo dei macchinari senza che questi schiaccino il terreno rendendolo troppo compatto (questo fenomeno favorisce l'umidità che può produrre lo sviluppo di malattie).
      La pacciamatura consiste nel coprire il terreno con aterilae organico come paglia e pula. Si limita in questo modo l'evaporazione, si incrementa la struttura del terreno aumentando così la penetrazione della pioggia.
      Altra tecnica è quella del sovescio, la coltivazione di piante leguminose che seminate tra agosto e dicembre vengono interrate in primavera.
      Un parametro fondamentale per determinare la densità di impianto per ettaro è il sesto di impianto, la distanza cioè tra i filari e tra le piante di un filare, che influisce sulla qualità del vino perché la densità obbliga le piante ad entrare in competizione e ad affondare le radici nel sottosuolo per trovare spazio vitale. La pianta vegeta di meno, matura meglio i grappoli ed il sottosuolo, più ricco di sali minerali, determina una maggiore qualità del vino. La densità ottimale per una viticoltura di qualità è comunemente indicata è di 6-7000 ceppi per ettaro.


situazione pedoclimatica
a cura di Angelo Petracci


      La vite è una pianta molto resistente, ma nonostante questa capacità di adattamento alcune condizioni climatiche ne permettono un migliore sviluppo in funzione della produzione di vino di qualità.
      Le temperature medie annue non devono essere inferiori ai 10°C con una media intorno ai 20°C in estate e -1°C in inverno. La quantità di calore è molto importante in quanto è preferibile una maturazione costante delle uve, che produca vini profumati ed equilibrati. Fondamentale è inoltre il freddo invernale, in quanto favorisce sia la maturazione del legno che l'eliminazione dei parassiti.
      Altra importante variabile sono le precipitazioni, perché mantengono il terreno umido e favoriscono la maturazione dei frutti, soprattutto se si concentrano in inverno e primavera, con temperature fresche. E' invece dannosa la pioggia che cade durante la fioritura e durante la vendemmia, quando diluisce la concentrazione del succo degli acini. Nei paesi dove fa molto caldo si interviene con irrigazioni, una pratica da noi in Italia ritenuta discutibile e addirittura vietata in Francia per quanto concerne le AOC.
      Per quanto detto finora circa l'importanza dei fattori climatici e orografici risulta chiaro il motivo per cui ogni paese si è specializzato nella produzione di determinate tipologie di vino:
  • le zone molto calde danno uve zuccherine e con poca acidità e quindi vengono prodotti vini liquorosi;
  • le zone più fredde danno uve con meno zuccheri e maggiore acidità, quindi vini meno alcolici e più acidi;
  • le zone a clima intermedio, come la Francia centrale e l'Italia settentrionale si caratterizzano per la produzione di vini rossi e bianchi di corpo pieno.
      L'ultimo parametro da prendere in considerazione è dato dal microclima che è determinato dal sistema di potatura, dall'inerbimento del terreno, dalla distanza tra le piante, la distanza tra i filari e la distanza delle piante dal terreno. Il tendone per esempio protegge le piante dall'eccessiva insolazione ma allo stesso tempo ne diminuisce la capacità di maturazione delle uve.

Il microclima rappresenta in sostanza le particolari condizioni climatiche che si vengono a creare nel singolo vigneto, a poca distanza dal suolo.


Il lavoro in vigna

      Altro importante fattore è la potatura della pianta. Nella scelta della tecnica vanno tenuti in considerazione il clima, il tipo di terreno, il grado di umidità della zona.

      I sistemi di allevamento sono numerosi e sono classificati per:
  • l'altezza del tronco
    • bassa,
    • media,
    • alta
  • l'altezza dei capi a frutto
    • potatura corta, (cordone speronato, alberello ecc..) forma in genere più pratica nella gestione (nessuna legatura dei tralci in fase di potatura) e spesso facilmente meccanizzabile (Gdc, cordoni alti)
    • media/mista, tipo che prevede sia tralci lunghi (8-15 gemme) che tralci corti (2-3 gemme); un esempio di questo tipo di potatura è quella utilizzata nel Guyot;
    • lunga, conserva tralci di lunghezza media di 10-20 o più gemme; questa forma di allevamento è in genere molto espansa e con sesti di impianto larghi
  • lo sviluppo dei tralci
    • orizzontale,
    • verticale,
    • inclinato


I principali sistemi di allevamento
CORDONE SPERONATO: il fusto della pianta può arrivare a un metro di altezza; la potatura è fatta in modo da far sviluppare un andamento orizzontale su un filo di ferro sul quale si trovano gli speroni (i tralci).
GUYOT: prende il nome dallo studioso francese che lo ha ideato. Sul fusto alto 50-80cm vengono lasciati uno sperone con 2 gemme e un capo a frutto con 10-12 gemme o meno. Per tale possibilità di scelta del numero di gemme viene definito a potatura mista. Durante la potatura si asporta il vecchio capo a frutto (taglio del passato), mentre dei 2 germogli formatisi dalle 2 gemme lasciate sull'altro sperone quello più vicino al ceppo è accorciato a 2 gemme (taglio del futuro) e l'altro destinato alla produzione (taglio del presente) viene legato orizzontalmente ad un filo di ferro.
ALBERELLO: sistema a potatura corta, 30-40cm da terra. Su di esso vengono allevate alcune branche che portano ciascuna uno o più speroni, con una o due gemme. E' adottato nelle zone calde all'interno di buche che proteggono i grappoli dai venti caldi, nelle zone fredde perché la poca altezza permette di sfruttare il calore. Poco produttivo non si avvale di sostegni.
PERGOLA: sotto questo nome vanno numerose forme di allevamento che si differenziano da regione a regione. Particolarmente usata nel Triveneto ha come caratteristica di base quella di formare un vero e proprio tetto vegetale.
SYLVOZ: adatto alle grandi produzioni, prevede un tralcio orizzontale alto da cui dipartono i rami fruttiferi arcuati verso il basso. Una variante dello Sylvoz è il sistema CASARSA che prevede l'impianto di due viti contro lo stesso palo (tutore metallico in acciaio zincato) e l'andamento orizzontale dei tralci legnosi. Si forma così un cordone permanente con un imponente sviluppo fogliare che offre una buona protezione ai grappoli.


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