il taccuino












Visita alla Tenuta San Guido
Loc. Capanne 27 - 57022 Bolgheri LI
tel.0565 762003
fax 0565 762017
http://www.sassicaia.com

12 settembre 2011

a cura di Angelo Petracci
foto di Gianni Manzionna


Non capita tutti i giorni la possibilità di visitare la Tenuta San Guido, l’azienda che produce il vino italiano più famoso nel mondo, trasformatosi ormai in un mito enologico internazionale.

Lo abbiamo fatto il 12 settembre, accettando l’invito di Meregalli, il suo distributore in Italia, che aveva organizzato una giornata di visite presso la tenuta.

Così abbiamo avuto modo di vedere da vicino dove e come nasce la leggenda. Ma a Bolgheri non c’è soltanto la leggenda del Sassicaia: la tenuta è situata a ridosso dei cipressi in duplice fila che dalla strada che fiancheggia il Tirreno conducono al borgo in collina, il viale descritto nelle sue opere da Giosuè Carducci e del quale una targa posta in un edifico del paese ricorda i soggiorni avvenuti nel 1800.

La leggenda nasce nel 1975 quando in una degustazione internazionale sbaragliò la concorrenza dimostrando che l’Italia poteva produrre vini capaci di rivaleggiare con i più grandi vini del mondo. Si affermava come primo vino italiano un vino da tavola, primo evidente paradosso di una legislazione ancora incapace di esaltare la qualità. La storia enologica italiana cambiò: dal 1994 la legge gli riconosce una Doc tutta sua, la Bolgheri Sassicaia, che oggi consente di produrre circa 200.000 bottiglie a fronte delle 6.000 iniziali.

Anche Sebastiano Rosa, che dal 2002 è responsabile della produzione dopo un lungo periodo di lavoro trascorso a Montalcino, non riesce a non parlare di un vino che rispecchia fedelmente il territorio, una chiave di descrizione che nella sua ripetitività ha ormai perso la sua capacità di interpretazione dei vini. Noi invece, dal suo racconto, abbiamo trovato nuovi elementi, oltre a quelli già universalmente noti, che indicano come il Sassicaia debba la sua statura inarrivabile ad un progetto in cui tutte le scelte effettuate ricadono nell’alveo della produzione di qualità eccellente. Niente che sia stato lasciato al caso, come in un team di formula Uno, dove ogni scelta viene pensata a lungo, progettata con i migliori specialisti, e provata migliaia di volte nella consapevolezza che solo prove ripetute permettono di limare via via i difetti.

Cosa è infatti che affascina nel Sassicaia e muove le mani all’applauso ogni volta? Certamente un grande livello qualitativo ma in questo iè ormai affiancato da numerosi altri vini italiani, a cui lui ha fatto da faro, dando coraggio e indicazioni a quei produttori per i quali la strada della qualità non era ancora chiara e definita. Ma soprattutto un’eccezionale costanza qualititativa e qui, più del territorio, preferiamo parlare di quanto degli uomini di San Guido ci sia in questo vino.

Dapprima le intuizioni, o forse soltanto le passioni, di Mario Incisa della Rocchetta, che crea un’azienda modello nei 600 ettari di terreno ricevuti in dote dalla moglie Clarice della Gherardesca e nell’ambizione di creare un grande vino si ispira alla Francia con la semplice e superba consapevolezza che il vicino mare obbligava ad ispirarsi a Bourdeaux piuttosto che a Digione. Vitigni bordolesi, cloni a resa bassissima e vigne a cordone speronato hanno questa origine e nasce così, nel 1942, il primo vigneto, posto a 350 metri sul livello del mare.

Seguono anni di prove di vinificazione sempre più accurate e nel 1965 vengono impiantati due nuovi vigneti tra i quali il Sassicaia posto a 100 metri sul livello del mare. Il Sassicaia prende il nome dal sottosuolo dei vigneti, che quando la pianura, oggi bonificata dall’acqua, comincia a salire ha raccolto negli anni tutti i frammenti di montagna e i ciottoli portati dalle frane e dalla percolazione delle acque delle colline sovrastanti. Le fondamenta produttive e le prove di vinificazione hanno ormai dato luogo ad un prodotto di buon livello che può essere commercializzato. L’accordo distributivo viene stretto con gli Antinori, che hanno in Giacomo Tachis il loro enologo, fautore per i grandi vini di una vinificazione in acciaio termocontrollata che permetta di arricchire il vino di aromi fruttati e di un moderato ma necessario successivo passaggio nel legno piccolo, che possa aggiungere complessità e profondità. Oggi che lo stile del Sassicaia si connota per la leggiadria dei tannini e l’afflato fruttato non si può non risconoscere in pieno il frutto di un matrimonio riuscito: qualità dell’uva, controllo della vinificazione e arricchimento dato dei legni raggiungono una sintesi mirabile.

Pensavamo di sapere tutto di un vino ormai trasfigurato nel mito, raccontato in tutti i seminari di degustazione, celebrato nelle guide e nelle convention internazionali ma la visita al vigneto con Sebastiano Rosa, ci ha offerto nuovi elementi di conoscenza: chi li aveva mai visti grappoli di Cabernet Sauvignon così piccoli? Come fai a non pensare che quello che hai visto in un solo vigneto, e ne abbiamo visti tanti, non sia fondamentale per lo straordinario risultato finale? Abbiamo stretto fra le mani grappoli di dimensioni infinitesimali.

E poi, qui elemento davvero importante ma come strumento virtuoso in un’orchestra di grandi interpreti, il territorio con il mare che si trova ad una distanza dalla quale riesce ad inondare con i suoi riverberi i vigneti collocati nella parte collinare più bassa. Non è cosa da poco per un vino che si giova di questo contributo per portare a perfetta maturazione il tenore dei polifenoli, la cui setosità è uno dei suoi tratti distintivi.

E poi, altro elemento decisivo, il fatto che le uve non provengano soltanto da un unico vigneto ma da altri 2 vigneti collocati nella mezza collina, il Castiglioncelloe e nella collina più alta, Il San Martino.
Ogni anno quindi, a seconda dell’andamento climatico, Sebastiano Rosa potrà analizzare le uve provenienti dalle varie parcelle e dalla risultanze chimiche, progettare il blend migliore che coniughi doti di freschezza e di concentrazione.

Se ancora questo non bastasse a definire il progetto di un vino eccelllente, ci si può giovare anche delle diverse capacità ed epoche di maturazione del Cabernet Sauvignon e del Cabernet Franc e decidere di modificare le percentuali della lora presenza nel prodotto finale.

Anche nella cantina il lavoro migliora ulteriormente il vino: un sistema di condizionamento determina la temperatura di conservazione ideale del vino nelle barriques, che nel corso dell’anno vengono via via svuotate, per creare una massa unica che riprenda, grazie al travaso, un poco d’’aria e poi procedere di nuovo alloro riempimento. Si ritiene infatti che le botti siano un ambiente, per quanto permeabile all’aria, troppo riducente per il periodo di maturazione complessivo a cui viene sottopostoilvino prima dell’affinamento in bottiglia.

[Angelo Petracci, Gianni e Marina Manzionna, Tito Marotta]

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Si ringrazia per l'invito il Gruppo Meregalli
Meregalli Giuseppe Srl
P.iva 00845920966
via Visconti, 43
20900 Monza
Tel. +39 039 23 01 980 r.a.
Fax +39 039 32 23 13
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